mercoledì 28 settembre 2011

Sull'altalena emotiva: parte 1 - parabola ascendente e zenith.

Parabola ascendente

17 Settembre 2011
Li Romani in Russia a Tremezzo (CO), di e con Simone Cristicchi, con la partecipazione del Coro Alpino Orobica.
Un trionfo.

Alla faccia del maltempo, che ci ha costretti a ripiegare sul piccolo Teatro Olivelli...
Alla faccia delle persone piccole con un grande ego, che sfogano sul primo che passa la rabbia che covano verso gente più intensa di loro con la scusa del "lei non sa chi sono io/io posso e tu no" e stronzate del genere..(un Palmiro Cangini de noàrtri credeva di fare il figo ma ha rimediato solo una gran figura di merda con tutta la macchina organizzativa, e solo perché ha vecchi rancori con una persona che nemmeno era presente ma in qualche modo collegata a me e ad altri amici che erano ad assistere alla serata... Povero Bigolo! Dedicata, non nel testo ma nel titolo: ci sta tutto... ).

Gremito, strapieno, con la gente in piedi contro i muri, sulle scale, nell'ingresso sotto il palco, dove non poteva vedere nulla ma almeno sentiva lo spettacolo. Persone sedute su sedie aggiunte, sedute per terra, gente affacciata da fuori alle finestre, dalle uscite d'emergenza tenute aperte... il teatrino di Tremezzo era ricolmo, abbiamo dovuto a malincuore rimandare indietro moltissima gente per raggiunta capienza massima: con tutto quel pubblico lì dentro faceva un caldo da sudare a rivoli nonostante l'aria condizionata... eppure si sentiva il gelo della steppa.Sentivamo gli spilli pungenti della neve ghiacciata sul viso.

Simone interpreta i versi di Elia Marcelli e ci mostra, ci fa letteralmente vedere, quei fanti romani che aspettavano notizie della fine della guerra e si sono invece sentiti dire che avrebbero dovuto fare una passeggiata in Russia.
Una passeggiata, sì, niente di che... tanto i Russi sono già in ritirata, si tratta solo di un pro-forma.
Dicono in caserma.
Tanto per sfilare a Mosca da vincitori.
Dice la propaganda.
Ma noi vediamo la verità. vediamo com'è andata realmente.
Durante il monologo vediamo il prete che vaneggia di guerra santa e capiamo il controsenso del dover amare il nemico mentre lo si sbudella, le donne che salutano il reggimento in marcia e si comprende il coraggio che si nasconde nelle lacrime di una madre, vediamo il Panza a cavallo, che è sempre stato un po' bistrattato dai superiori.. ma loro "se so' dati", lui invece è lì che parte insieme ai suoi fantaccini. Vediamo i prigionieri Mongoli sotto la pioggia, con la loro simpatia verso questi Romani che "mica so' Tedeschi!".

Non è Simone che recita: forse è suo nonno Rinaldo che ricorda... e tutti nel teatro si sporgono verso il palco per vedere meglio il povero mulo seduto al lato della strada, con le zampe davanti appuntellate, come un regazzino...
Tu sei lì con quella fila di soldati gobbi sotto lo zaino affardellato e cominci a sentire i morsi del gelo e quelli della fame, e ricordi insieme a Giggi quanto ti faceva felice la neve, da bambino...

Ora non sei più felice, nel vedere quella sconfinata distesa di bianco da attraversare: non hai cibo, non hai acqua, non hai riposo, non hai vestiti caldi... hai solo paura, e freddo, fame e sete e dolori ovunque. Senti il rombo dei carri armati, senti lo scoppio delle bombe, vedi i corpi dilaniati di muli e di cristiani e non sai, non vuoi sapere, se di mulo o di cristiano è quella carne che hai in mano. Quella mano che continuerai a pulire, quella carne che stai per mangiare per poter sopravvivere, per poterti salvare.
Ogni minuto che passa hai l'incubo d'esserti salvato, mentre guardi i morti ed i feriti. Quei feriti che vedi in casa di Juliana, sotto il quadro del figlio in divisa da soldato.

Vedi il pozzo.
Ed odi, ed odii, il cecchino

In quell'ora e più di spettacolo senti freddo e fame come i soldati, insieme a loro. Le rime di Marcelli suonano come la parlata dei vecchi di paese, di qualunque paese ed in qualunque dialetto, suonano come casa, ma casa è lontana millanta mila miglia.


Zenith


Applausi.
Tanti.
Scroscianti, più della pioggia fuori dal teatro.
Soddisfazione negli occhi di Simone, in quella degli organizzatori e quindi anche nei miei.
Commozione negli occhi di tutti.
L'applauso finale non terminava mai, è stato interrotto solo quando Simone ha preso la parola per i ringraziamenti e per una dedica speciale della serata all'alpino Gabriele Resta, che l'anno scorso è andato avanti... era mio suocero, e L'Agricolo s'è commosso pure lui, soprattutto sentendo gli altri alpini ricordare il suo papà e dire quanto sia stato un bel gesto quello Simone, l'aver dedicato lo spettacolo al papà di un amico...

Sentire i commenti entusiasti degli amici presenti, persone che già avevano visto lo spettacolo ed erano tornate, magari per la terza o la quarta volta, è stato bellissimo... ma sentire quelli di chi era lì per la prima volta, magari attratto solo dalla presenza del Coro Orobica è stato magnifico.
Sono sempre orgogliosa di e per il socio. Adoro fare da canale per le emozioni che scorrono dal palco al pubblico e tornano dal pubblico al palco. Anche per questo è stato bello sentirsi dire "hai visto che ho fatto come m'hai suggerito tu? Avevi ragione, era meglio il finale in quel modo e non fare il brano cantato dopo quel pezzo...", ma è stato ancora meglio vedere il socio soddisfatto del proprio lavoro e delle reazioni del pubblico.

E meglio del meglio, anzi meglio del meglio del meglio, più soddisfacente dell'esser riuscita dopo tutti questi anni ad organizzare un suo spettacolo qui ed esserci riuscita alla grande è stato il "dopo-serata": per una volta un "dopo-serata" nel mio territorio, nel senso più stretto del termine.
Cena con gli alpini, vino, canti ed allegria. Dopo-cena una carovana d'auto scendeva lungo la Regina, come tante volte ho fatto ma con l'altra mia realtà, e per una volta l'eterogenea compagnia del "dopo-serata" (questa volta c'era chi arrivava fin da Reggio Emilia) che si ritrova solitamente a bere qualcosa ed a tirar mattina a qualche bar o in qualche hall era riunita attorno al tavolo del mio salotto, a bere Animanera e sorbetto al caffè fino all'alba.
E la cosa più bella, che più mi ha fatto piacere di tutto quanto, la cosa che è già diventata una chiave di volta nel muro dei ricordi è quel senso di "mi casa es tu casa" assolutamente logico, spontaneo e naturale che ho visto nel mio socio e che sapevo sarebbe avvenuto.
Serve un bicchiere in più e sei impegnata? Dove lo trovo, sopra l'acquaio? Ne prendo anche uno piccolo dalla vetrinetta. Mi levo le scarpe che son più comodo, te le lascio in bagno ma in quello della camera da letto così non danno fastidio se gli altri devono usare il bagno grande.
Socia, dammi un asciugamano che mi do 'na sciacquatella...

Ed alla fine, come sempre accade, come è sempre stato e come sempre sarà:
Socia, che dici? Stasera so' stato bravo? Lo spettacolo è piaciuto?



1 commento:

  1. Una serata semplicemente magica... in quelle parole ho sentito il sospiro di mio nonno, che tanto mi ha voluto e che non mi ha mai visto...ho rivisto la sua lotta tra le montagne...e ho capito ancora di più l'importanza di un incontro, la forza delle parole e della condivisione, questo è il sale della vita... :-) un abbraccio!

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